FULL METAL JACKET

FULL METAL JACKET

Così come l’amore, anche il primo Kubrick non si scorda mai, o almeno non si dovrebbe.
Stanley Kubrick rientra in quella stretta cerchia di registi che amo definire con la semplice
espressione: “Non ne hanno sbagliato neanche uno”, e non “un incapace, un esempio di
instabilità artistica, che intervalla un in film e l’altro anni e anni di profondo imbarazzo per il
film precedente” (e chi vuole intendere, intenda) come pensano alcuni scriteriati e teorici da
quattro soldi.


La storia, racchiusa in poco meno di 2 ore di film, è quella di alcuni giovani, che nel 1967 si arruolano come volontari per partire alla volta del Vietnam. Quindi vengono addestrati dal severissimo sergente maggiore Hartman in una caserma della Carolina del Sud per 8
settimane, al termine delle quali diventeranno quello per cui sono nati: delle macchine di morte.
Il film prende ispirazione da un libro, a cui Stanley Kubrick si è interessato dopo averne letto la recensione su Kirkus Review, e che ha definito “molto breve, scritto splendidamente e in modo conciso”: Short timers (Nato per uccidere, 1979), scritto da Gustav Hasford, un ex marines che nel 1967 è stato in Vietnam come corrispondente di guerra. Kubrick vuole inoltre a tutti i costi collaborare con Hasford e Michael Herr, anch’egli ex corrispondente in Vietnam, alla sceneggiatura del film, per cui è valsa la candidatura al premio Oscar per la miglior sceneggiatura non originale, vinto poi da Mark Peploe e Bernardo Bertolucci per The last emperor; tuttavia, la contesa tra i tre sceneggiatori sulla paternità dell’opera ha spinto lo scrittore a boicottare la cerimonia.
Del libro Kubrick decide di mantenere numerosi nomi dei personaggi, come “Joker” o
“Cowboy”, cambia però il titolo, dopo essersi imbattuto, sfogliando una rivista di armi, nel
nome delle pallottole “7 62, blindatissime… Full Metal Jacket”.
All’epoca Kubrick, che abitava in Inghilterra, non se la sentiva di andare a girare ad Hong
Kong ed in Vietnam per la sua enorme paura di prendere l’aereo, perciò la produzione fece il massimo per riprodurre la caserma della prima parte del film e il Vietnam della seconda,
nelle campagne londinesi (perché si sa: se Kubrick non va in Vietnam, è il Vietnam che va da Kubrick).
Non dev’essere stato un lavoro semplice, data la fama di pignolo di cui Kubrick si è ricoperto nel corso degli anni: basti pensare che, per riprodurre una battaglia campale, la produzione si è fatta spedire un enorme numero di palme direttamente da Hong Kong, e non da località non solo più vicine, ma anche più economiche.
“Sì, Ermey interpreta se stesso. È un colpo di fortuna, quasi un miracolo trovare qualcuno che sa recitare così bene e in più non recita che se stesso. Anche queste sono cose che succedono una volta sola nella vita.” (Stanley Kubrick)
E’ rimasta impressa nella mente di tutti la strabiliante interpretazione di Ronald Lee Ermey,
nei panni del severo sergente maggiore Hartman, ma ancora più incredibile è il modo in cui
gli è stato affidato il ruolo: Ermey, un ex Drill Instructor dei marines, congedatosi per
problemi di salute negli anni ‘70, fu chiamato da Kubrick come assistente tecnico; tuttavia si dice che l’abbia scritturato come attore, colpito dalla sua abilità nel parlare e dalla sua
teatralità, . In realtà quello che avvenne per davvero fu che Ermey, il quale aveva già preso
parte ad alcuni film, Apocalypse Now (1979) di Francis Ford Coppola tra tutti, si fosse
proposto a Kubrick come attore, e che dopo il netto rifiuto si fosse scagliato verbalmente
contro il regista, il quale, colpito da tanta fermezza e naturalezza (pare che si fosse pure
alzato davanti a un ordine datogli dall’uomo), si lasciò convincere.
Raccontano inoltre che, per far trasmettere ulteriormente il timore che i soldati provavano
nei confronti del sergente, il regista abbia fatto in modo che Ermey passasse il minor tempo
possibile con gli attori all’interno del set, in particolare con Matthew Modine e Vincent
D’Onofrio.
D’Onofrio, dal canto suo, è dovuto ingrassare di 35 kg per interpretare il suo personaggio, il
soldato “Palla di Lardo”, e questo improvviso cambiamento di peso, da 90 a 125 kg in soli 7
mesi, gli ha causato più di qualche problema, dato che si è rotto entrambi i legamenti delle
ginocchia durante le riprese delle esercitazioni militari, per le quali Stanley Kubrick ha
rifiutato categoricamente l’utilizzo di stuntmen, per far entrare ancora di più nel personaggio gli attori.
L’attore dal film ha riportato un’operazione alle ginocchia, che l’ha tenuto distante dal set 7 mesi, un percorso di quasi un anno per recuperare quasi completamente il suo peso-forma, e una delle interpretazioni più mozzafiato della storia del cinema.
Di lui dirà l’amico e collega nel set Matthew Modine (soldato “Joker”): “Non lo sopportavo,
volevo ucciderlo. Ogni volta che entrava nel personaggio si trasformava. Nel film il mio
soldato Joker lo prendeva spesso a colpi e, a volte, pensavo di dargli qualche colpo in più.
Povero Vince, girare Full Metal Jacket è stato davvero difficile per lui”.
Si tratta di un film profondo, forse più anti-bellico che pacifista, che si può considerare un
saggio junghiano sulla dualità dell’uomo, che va ad uccidere e a radere al suolo villaggi, ma lo fa cantando la canzone di Mickey Mouse.



Pietro Urbani IIIBO